Proprio l’altra settimana una mia amica di Caserta che lavora al nord mi raccontava della considerazione che su hanno di noi. “Ho appena dato uno scacco matto ad una collega settentrionale presuntuosa e arrogante… È rimasta basita… Classica nordica che pensa ai meridionali come tutti stupidi che comprano i diplomi… Perché molti di loro qui pensano questo di noi… Almeno a Seregno…”. La mia amica è la classica meridionale laureata che fa la maestra elementare al nord e che si trova a dover affrontare ogni giorno le diffidenze di persone che se anche la conoscono da tempo, hanno di lei sempre la stessa considerazione di base: è una terrona, quindi…
Le avevo già raccontato le mie esperienze in merito, di quando sul lago di Garda dentro una tabaccheria un consumatore disse che se la figlia avesse deciso di sposare un marocchino o un terrone avrebbe sparato a lei e non al ragazzo, “perché non è colpa loro se nascono marocchini e i terroni”, o di quando, nel periodo della faida di Scampia, ero in provincia di Milano e due tabaccai anziani (erano andati via da Napoli giovanissimi) mi chiedevano come facevamo a camminare per le vie di Napoli senza la paura che ci sparassero addosso.
Quello che penso ormai da anni è che se l’Informazione, quella con la I maiuscola, non equilibrerà l’informazione negativa con quella positiva, ci ritroveremo sempre nella situazione di dover convincere i nostri connazionali sul grande lavoro che stiamo facendo noi qui per risollevare le nostre sorti. E a conferma di quello che dico mi è venuto incontro lo “splendido” reportage che da la copertina all’Espresso di questa settimana. Il giornalista è entrato, ovviamente con tanto di fotografo, nel mondo delle baby-gang del centro storico di Napoli, dove ragazzi intorno ai vent’anni hanno potuto raccontare che sono loro a rappresentare la camorra in un momento di transizione come questo. E lo hanno fatto incappucciati e con pistola alla mano, ovviamente immortalati in un bel po’ di fotografie ampiamente pubblicate a corredo dell’articolo.
Sono tante le cose che mi vengono in mente quando leggo storie così, e non tutte carine. Ma bisogna rimanere positivi, perché sono tante le cose positive che stanno succedendo a Napoli. Evito di parlare del classico esempio del lungomare liberato, perché ormai è storia, è lì che dà la possibilità di far vivere ai napoletani e non (soprattutto non) uno dei posti più belli al mondo. Mi piace accennare a quello che mi stupisce nell’ultimo periodo, e cioè vedere i turisti che scendono dalle navi da crociera nel porto, o dagli aerei a Capodichino, è che mentre prima scappavano in costiera Amalfitana o Sorrentina o agli scavi di Pompei, oggi rimangono in città per le visite guidate. Sentire una guida che parla una lingua straniera con la classica fila di persone dietro, è una cosa che raramente avevo visto a Napoli e che mi riempie di gioia e di orgoglio. Oggi fare incontri del genere a Piazza del Gesù, i Decumani, via Duomo è cosa comune, segno che i ragazzi incappucciati, à paranza de criature, sono trascurabili all’interno della vita di un milione di abitanti.
Sicuramente quei ragazzi nella loro vita di tutti i giorni avranno incrociato spesso queste file, e avranno anche sorriso della cosa. Ma non si rendono conto che il futuro di Napoli sono quelle guide col braccio alzato, e non certo dei ragazzi incappucciati.
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