Ieri la mia bacheca era piena di ricordi per Falcone. Il mio post quest’anno ricordava i nomi degli uomini e della donna della scorta.
Ho sempre dato per scontato l’affetto per Falcone e Borsellino, ma penso che non dovrei. In genere la gente tende a dimenticare facilmente, ma non è questo il caso.
Quelle volte che mi è capitato di parlarne con qualcuno, mi sono accorto che non è solo ricordo ma a volte anche dolore. Ed in maniera spontanea, la cosa viene condivisa, cosa non facile per nessuno, men che meno per me. Il famoso gioco del “dov’eri quando è successo“, per me vale per tre episodi della mia vita: il terremoto dell’ottanta, l’11/9 e l’attentato di Falcone ( non ricordo dov’ero a quello di Borsellino). Ma l’unico avvenimento che mi porta le lacrime agli occhi quando ci ripenso è quello dell’attentato a Falcone. La sensazione che ho è quella della protezione materna che può avere una madre per un figlio. Sento che non li ho protetti, non li abbiamo protetti.
Li abbiamo lasciati soli, sono morti soli.
Quella solitudine che entrambi sentivano e che è sempre in forte contrasto con il sorriso delle foto che li ritraggono. Non so se ci avete mai fatto caso, ma il loro sorriso è sempre aperto, sincero, di chi conosce la vita e può riderne. E forse era così, perché quando sei a contatto con il male tutti i giorni, probabilmente apprezzi di più il bene rispetto alle persone normali. Ecco, mi rendo conto che se scrivo di getto una cosa che riguarda loro, li metto su un piano diverso, come fossero dei supereroi.
Probabilmente lo sono, dei supereroi, la loro morte ce li fa vedere sempre immortali, lì pronti a difendere la nostra coscienza e ad esserci da esempio nei momenti bui.
There are 0 comments