Tre settimane fa all’incirca, all’interno dello sport professionistico americano è scoppiata UNA BOMBA TALMENTE FORTE che persino Obama si è fatto sentire pubblicamente sull’accaduto.
Il proprietario di una delle due squadre di basket di Los Angeles, Donald Sterling, ha usato frasi razziste mentre parlava al telefono con la sua fidanzata. La registrazione della telefonata è stata pubblicata da un giornale on line ed in men che non si dica ha fatto il giro del mondo. Sono bastati tre giorni al commissioner della NBA per radiare Sterling dalla lega del basket professionistico americano, e di imporgli di vendere le sue quote societarie prima dell’inizio del campionato del prossimo anno. Tutto questo è avvenuto mentre i Los Angeles Clippers stavano giocando i play off, quindi con la possibilità che quella decisione potesse destabilizzare e condizionare l’andamento della fine del campionato. Ed invece nessuno ha fatto una piega, nessuna polemica, anzi, la velocità di Adam Silver è stata apprezzata sia dalla NBA che dagli altri sport professionistici americani. E’ stata data priorità ad un messaggio forte: non si cede terreno al razzismo. Le regole sono scritte, chi non le rispetta è out, anche se è un proprietario di una franchigia da decine di anni.
Questo è lo sport americano.
Quello che continuiamo a vedere nel nostro calcio è sotto gli occhi di tutti. Una via l’altra c’è stata la banana lanciata a Bergamo in Atalanta – Milan per emulare quella di Barcellona, il film di fantascienza visto all’olimpico di Roma, e la grave decisione presa dal CT della nazionale Prandelli nel commentare in maniera leggera la gomitata di Chiellini per giustificarne la convocazione ai mondiali.
Purtroppo questi tre episodi sono tutti legati allo stesso filo: il modo di gestire il business calcio. Un business dove tutto è permesso e dove si possono cambiare le regole in qualsiasi momento se ce ne sia il bisogno.
Il primo episodio riguarda il rapporto tra i tifosi ed il calcio. La parabola del potere che le frange estremiste del tifo italiano hanno all’interno del calcio stesso non tende a scendere. Spesso hanno sotto scacco le società ed i giocatori che sono addirittura soggiogati e vengono spesso obbligati ad azioni assurde. Tutti fanno sempre l’esempio di come è stato risolto il problema in Gran Bretagna, ma il governo del calcio stenta a credere che in Italia possa funzionare. Come è possibile? La lotta al razzismo così come la si vuole fare negli stadi è chiaramente inutile. I tifosi del napoli hanno messo striscioni autoinsultandosi per protestare sulle chiusure delle curve di quelli che li avevano insultati. Come dire: ce ne freghiamo altamente delle regole che volete imporci.
Il secondo episodio è il classico esempio di the show must go on. Forse la cosa più sorprendente è che la scelta giusta sarebbe stata quella che volevano i tifosi. E la partita non doveva essere giocata. Il segnale forte da dare in quel momento era che una partita è meno importante di una vita umana. Ma purtroppo sappiamo come è andata. Ovviamente i mezzi di informazione sono stati subito bravi a guardare e far guardare da tutt’altra parte. E quindi vai con Genny a’ carogna che ci ha messo del suo con una bella minaccia ad Hamsik.
L’ultimo episodio riguarda una delle pochissime persone che stimo nel circo del calcio: Cesare Prandelli. Tutto parte dalla fantastica pensata di Chiellini di metterlo in difficoltà rifilando una gomitata ad un avversario nella importante partita con la Roma. Al di là di Pirlo che si è permesso di dire che è stato un normale contatto di gioco, Prandelli è stato messo nei casini da quella scelleratezza giusto qualche giorno prima della decisione delle convocazioni per il Brasile. Mi domando se fosse proprio necessario che Prandelli dovesse commentare la cosa come un peccato veniale da parte di Chiellini. Non sarebbe stato meglio dire: signori, Chiellini ha fatto una cazzata, ma a questo punto non posso lasciarlo a casa perche è troppo tardi? Se proprio bisogna cambiare le regole per convenienza, prenditi le tue responsabilità da CT. Non dimentichiamo che la nostra è la nazionale che dopo che Totti aveva sputato nei capelli di un avversario all’interno degli europei del 2008,ed era stato punito con tre giornate di squalifica, ha continuato a convocarlo tranquillamente come se nulla fosse successo.
Ci si lamenta che allo stadio non vanno più le famiglie e gli incassi sono sempre più bassi, dando la colpa alle televisioni. E se iniziassimo a far rispettare le regole? E se si ripulissero gli stadi dai “cattivi”?
Un mio amico ha scritto che il calcio non fa parte del genere sport. E’ quello che penso io da troppo tempo.
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